giovedì 24 ottobre 2013

Rimprovero o abbraccio?

Si acciglia, ingobbisce la schiena e si mette a braccia conserte. A quel punto, so che sta per arrivare uno di quei momenti per affrontare i quali sarebbe stato utile aver partecipato a quei corsi dal titolo “genitori si diventa" e, in aggiunta, avere  il supporto (e il conforto) di un’equipe di pedagogisti e psicologi. Nessuna illusione. Sei solo. Devi confrontarti a viso aperto con le sue emozioni e le sue impuntature. La stabilità emotiva di Marta, nell’ultimo periodo, è una delle prove più difficili per l’autostima di un papà. Un capriccio può partire per qualunque motivo (la maglia giusta per andare a scuola o una qualsiasi richiesta non soddisfatta) e in seguito a qualsiasi sollecitazione (ti sei lavata le mani per bene?, adesso basta giocare, è ora di andare a nanna!). D'istinto vorresti chiedere l'intervento della mamma ("arrivano i nostri") ma poi pensi che sarebbe una resa e l'orgoglio ti frena. Che fare? Cosa dire? Ma, soprattutto come interpretare i suoi sentimenti? Marta come tutte le bimbe della sua età, ha già vissuto esperienze “terribili”: il “distacco emotivo” prima dal seno materno e poi dal ciuccio, la “residenza forzata” nella sua cameretta nelle lunghe ore notturne, l’”abbandono” a scuola e, ora, la scoperta di non essere al centro dell’attenzione del mondo intero. Marta è un tipo in gamba. Con la nascita di Agnese, però, deve imparare a condividere i suoi genitori con la sorellina. A distanza di qualche mese, dopo un primo periodo di apparente serenità, quando il percolo sembrava scongiurato, la gelosia ti presenta il conto. Sgomento per i continui e repentini cambi d'umore (che solitamente si accompagnano ad un pianto straziante e prolungato), sei indeciso tra fermezza e affetto: un rimprovero o un abbraccio?

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